Ultimamente tendiamo molto a raccontare la storia della casa che vogliamo mettere sul mercato, la storia che potrebbe renderla più affascinante agli occhi dei più, e questo poi lo raccontiamo in modo magistrale quando facciamo marketing.

Sollevo però una provocazione, una provocazione bella e buona:

Siamo sicuri che la casa abbia una storia e non sia invece solo il riflesso della storia di coloro che l’hanno vissuta?

Sono stato complesso, lo capisco, ora cercherò di spiegarmi.

Quando raccontiamo che la casa è stata costruita nel mille novecento non so cosa, che ha resistito alla seconda guerra mondiale ed ha un bunker nascosto, che ha evidenti segni del tempo che passa ma che comunque è tenuta bene, ecco, stiamo raccontando la storia dell’immobile o di chi lo ha pensato, progettato, costruito, maltenuto, dove avrà vissuto gioie ma anche e soprattutto dolori, dove ci possono essere state anche delle morti violente o abusi di chissà quale genere?

Mi spiego ancora meglio:

La casa è un oggetto, ed è allo stesso livello dell’automobile, del cellulare, della penna con cui sto scrivendo, della tastiera del mio computer, ed essendo una cosa ha un fine, quello di essere usata e cambiata nel momento in cui non vada più bene per qualsiasi motivo.

Le storie che andrebbero raccontate sono quelle delle persone che l’hanno vissuta, e in base a ciò che hanno provato in quella casa quest’ultima sarà energeticamente al top o avrà numerose zone d’ombra, ma la storia che le attribuiamo è sempre quella che abbiamo creato noi vivendola, nel bene e nel male.

Certo é che raccontare che in quella casa ha soggiornato Giuseppe Verdi per un periodo, questo potrebbe renderla splendida, ma può anche darsi che la storia più bella ed affascinante possa essere invece quella della “sciura” Maria che, dopo essere rimasta vedova molto giovane e con due bambini da crescere si è dovuta reinventare locandiera per guadagnare qualche lira e sbarcare il lunario, che più di una volta ha accolto gente che non poteva pagare ma, per il principio del dare, li ha fatti ristorare senza chiedere alcunché, e poi ha anche ospitato per un periodo Giuseppe Verdi.

Sì, forse ora mi sono spiegato.

Le storie che contano sono quelle delle persone che vivono le case che vendiamo, ma ascoltarle è molto faticoso (sia in termini emotivi sia in termini temporali, noi mediatori abbiamo sempre fretta) ed è molto più faticoso lavorare il rapporto con il cliente, ed è così spiegato perché si ha sempre la foga di andare ad acquisire immobili e non acquisire storie e contatti.

Però la differenza è tutta lì, le case sono oggetti e come tali è molto facile dare un valore, mentre tutto il resto (che non è e non sarà mai in vendita) è quello veramente importante ed affascinante, la vera benzina  da mettere nel motore che un vero mediatore dovrebbe sempre alimentare.

Published On: Agosto 29th, 2025 /